Depositate le motivazioni della sentenza di condanna in appello dell’ex presidente della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto. In tutto 1.214 pagine in cui i giudici della Corte d’Appello di Caltanissetta, presieduta da Marco Sabella, si soffermano su “un accordo corruttivo” tra Saguto ed il “re” degli amministratori giudiziari, Gaetano Cappellano Seminara. Il processo sul cosiddetto “sistema Saguto” si è concluso lo scorso anno, nel mese di luglio.
L’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, condannata ad 8 anni e 10 mesi, avrebbe gestito in modo clientelare, in cambio di denaro e favori, le nomine degli amministratori giudiziari dei patrimoni sequestrati e confiscati alla mafia. Nel corso del processo, Saguto era stata radiata dalla magistratura dal Csm. I reati contestati all’ex magistrato sono corruzione, concussione e abuso d’ufficio. La nomina di Cappellano Seminara, si legge nelle motivazioni della sentenza, “prescindeva, da ogni valutazione circa la convenienza e l’opportunità per la realizzazione dei fini propri della procedura e si inseriva, invece, nell’ambito del rapporto di scambio di utilità intercorso tra il magistrato ed il professionista”.
E lo dimostrerebbe il fatto che “la principale fonte di reddito di Lorenzo Caramma, coniuge del magistrato, negli anni dal 2006 al 2015, siano stati proprio i compensi corrispostigli da Cappellano Seminara, quale sia libero professionista che amministratore giudiziario”.
Il presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta, Marco Sabella, nelle motivazioni della sentenza sul “sistema Saguto”, scrive che l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale di Palermo, aveva uno “spasmodico desiderio di assicurare alla propria famiglia un tenore di vita molto più elevato delle proprie possibilità”. Nelle 1.214 pagine depositate, i giudici ricostruiscono tutta la vicenda giudiziaria. Il collegio ritiene che siano state commesse “plurime condotte illecite, finalizzate, a vario titolo, allo scambio di utilità, per lo più di carattere economico, ma non solo, attraverso una sorta di mala gestio delle dette procedure, in cui gli unici interessi perseguiti erano quelli, prettamente egoistici e personali, di trarre quanto più profitto possibile dalla liquidazione delle parcelle e onorari agli amministratori e ai loro coadiutori”. Secondo i giudici Silvana Saguto, condannata ad 8 anni e 10 mesi, avrebbe dato vita a un “sistema” di nomine degli amministratori giudiziari dei beni sequestrati e confiscati alla mafia scegliendo solo professionisti di sua fiducia, in primo luogo l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, condannato a 7 anni e 7 mesi.
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