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Sparatoria per l’eredità a Licata: i morti salgono a 4. L’assassino tenta il suicidio |È morto in ospedale

Le vittime sono tutte familiari dell'assassino. Fra loro anche due ragazzi di 11 e 15 anni

Si aggrava la tragedia a Licata. Sono quattro familiari, tra cui due ragazzi di 11 e 15 anni, le vittime della furia omicida, esplosa stamane in un appartamento di via Riesi, alla periferia della cittadina dell’Agrigentino. L’assassino si è poi suicidato.

Cinque i morti, dunque, del terribile fatto di sangue. Angelo Tardino, 48 anni, ha estratto l’arma e ha fatto fuoco contro l’intera famiglia: marito, moglie e i loro due figli minorenni, rispettivamente fratello, cognata e nipoti dell’assassino.

I carabineri “sono stati avvisati dopo la strage”, con l’omicida “indeciso se costituirsi o suicidarsi”. Infine, è sceso in strada, ha percorso alcune centinaia di metri e si è ammazzato sparandosi con la stessa pistola.

Secondo la procura di Agrigento, all’origine della tragedia ci sarebbero contrasti connessi a un’eredità.

L’uomo era andato alle prime luci del mattino in contrada Safarello, dove si trova la casa di campagna del fratello: nella stessa zona ci sono dei terreni lasciati in eredità dal padre, tutti coltivati a primizie. Tra i due fratelli, secondo la ricostruzione dell’episodio, sarebbe scoppiata una violenta lite, l’ennesima, per questioni di spartizione delle aree coltivate. Durante il litigio, Angelo Tardino avrebbe estratto una pistola a fatto fuoco contro il fratello, la cognata e i due nipoti di 15 e 11 anni.

L’uomo è poi salito in auto e si è dato alla fuga. Sul posto sono arrivati i carabinieri della Compagnia di Licata, che hanno ricostruito quanto avvenuto e raggiunto telefonicamente Tardino che nel frattempo si era recato nel centro città. I militari avrebbero a lungo tentato di convincerlo a consegnarsi, ma, durante la conversazione, l’omicida avrebbe rivolto su di sè la pistola usata per la strage e fatto fuoco.

L’uomo, contrariamente a quando reso noto inizialmente da fonti della procura di Agrigento, non è morto, ma, spiegano le stesse fonti, è in fin di vita all’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta dove è stato trasportato dopo essersi sparato: è in “coma irreversibile, piantonato dai carabinieri“, scrive il procuratore Luigi Patronaggio.


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