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Stupro a Catania, carcere per tre degli indagati

Emesse le ordinanze di custodia cautelare. Un indagato ha risposto alle domande del gip. Striscioni davanti al Palazzo di giustizia di Catania

Il Gip di Catania ha disposto il carcere per tre degli indagati per lo stupro di gruppo a Catania. Si tratta di due minorenni e di un diciottenne.

Il gip per i minorenni di Catania ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per tre degli indagati accusati di avere avuto una parte attiva nella violenza sessuale di gruppo aggravata a una 13enne nei giardini comunali della Villa Bellini.

Sono due minorenni e un giovane che ha già compiuto 18 anni, la cui posizione domani sarà trasmessa, per competenza funzionale, alla procura distrettuale. L’ordinanza dovrà essere convalidata entro 20 giorni.

Davanti al Palazzo di giustizia sono stati esposti due striscioni: ‘Femminestorie’, ‘Sham officine coordinamento contro la violenza e contro il femminicidio’ ‘Fright diritti senza confini’.

“Il mio assistito ha confermato quanto aveva detto prima, quindi è stato un interrogatorio lampo, ha spiegato che la sua presenza sul posto è stata del tutto casuale, era lì perché aveva sentito gridare. Ma qualunque altra valutazione al momento è prematura”. Lo ha detto l’avvocato Salvatore Ganci che assiste il maggiorenne agli arresti domiciliari per la violenza di gruppo alla Villa Bellini. Il legale ha aggiunto che “sembra che ci fossero tra i 10 e i 7 ragazzi presenti, ma al momento il fermo ne indica 7 e se ci sarà qualcosa in più verrà fuori dalle indagini”. Il penalista ha rivelato che il suo assistito “si è reso conto della gravità dei fatti da subito, per questo ha prima parlato con gli operatori della comunità e poi con i carabinieri”.

“Un indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere l’altro invece si è fatto interrogare e ha risposto alle domande del gip. Il primo vive in comunità il secondo lavora ad Acireale. Sono nel catanese da due anni”. Lo ha detto l’avvocato Alessandro Fidone che assiste due dei fermati per la violenza di gruppo alla villa Bellini di Catania. Il penalista ha precisato che il giovane che ha parlato con il gip “si è detto estraneo ai fatti” aggiungendo che “era sul posto ma non ha partecipato all’aggressione e ha capito la gravita dei fatti”.

Le indagini partite da un input, ‘sono loro’. Sono un gruppo e sono di origine egiziani. E’ l’input delle indagini avviate dalla Procura distrettuale di Catania sulla violenza sessuale di gruppo aggravata a una 13enne catanese nei bagni pubblici della Villa Bellini, commessa il 30 gennaio scorso. Nessun aiuto è arrivato dalle telecamere dei giardini comunali perché non ancora attive.
Così l’attenzione dei Carabinieri si sposta sui sistemi di video sorveglianza di locali pubblici che puntano anche gli ingressi della Villa. Si cerca, si scava, e intanto si apprende che alcuni componenti del branco sono egiziani, che sarebbero stati fermati per altri motivi in quella zona. Parte l’ordine della Procura di effettuare uno screening nelle comunità di accoglienza e vengono convocati egiziani di quella fascia di età: dei primi due che arrivano uno parla e fa il nome di due.

Dai contatti social su tik tok si arriva ad altri collegamenti, fino ad avere i sette nomi e sette indagati.

Importante per le indagini sono anche le dichiarazioni della vittima. Sotto choc, ma determinata a “volere giustizia” per la violenza subita. Dice con fermezza “io ho visto soltanto tre di loro: due mi hanno violentata, l’altro guardava, ma il mio ragazzo li ha visti tutti”. Non dice altro perché ha nella mente visi confusi e non vuole accusare persone innocenti.

Ribadisce: “voglio giustizia”. E i tre li riconoscerà. A un investigatore dà l’impressione di una ragazzina molto più matura dell’età che ha.
E anche il fidanzato 17enne conferma e non ha esitazioni quando viene messo a confronto con i potenziali aggressori: “questo c’era, questo non c’era”, risponde con certezza.
Riconosce anche uno dei violentatori, ma dice “non c’è tra loro il secondo”. Perché stava preparandosi ad andare via dalla comunità che lo ospitava, dove viene trovato mentre recupera indumenti e altre cose sue per fuggire. E anche questo viene riconosciuto dalla 13enne: “è lui…” dice.

Fonte: Ansa.it


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