L’omelia dedicata al generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, alla moglie, Emmanuela Setti Carraro, e all’agente di polizia Domenico Russo, viene trasformata dall’arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, in una dura invettiva anche contro gli stupratori del branco che ha abusato di una diciannovenne, in un cantiere abbandonato del Foro Italico, il 7 luglio scorso. Lorefice parte da un attacco contro i killer di Cosa nostra che fecero strage in via Isidoro Carini, il 3 settembre di 41 anni fa, uccidendo il prefetto dei cento giorni, poi opera l’accostamento col presente: “Chi compie il male – dice l’alto prelato – è insensibile alla sofferenza umana. Diventa imprenditore e propagatore compiaciuto di sofferenza. Questo è la mafia, questo sono gli uomini e le donne delle organizzazioni mafiose. Questo sono i piromani che appiccano il fuoco devastatore della nostra martoriata Sicilia”.
Poi l’affondo sui sette giovani in carcere per la brutale violenza di Palermo: “Questo – continua Lorefice – sono i sette stupratori della ragazza dilaniata nel corpo e nell’anima al Foro Italico: giovani accomunati dal delirio di ‘onnipotenza virile’, scatenatosi su una donna trattata come mera ‘carne’ da preda’. Uomini e donne, adulti e giovani, che hanno smarrito la passione morale. Incapaci di amare, di rispettare e di onorare la vita altrui. Uomini e donne, pertanto, senza fondazione religiosa, indifferenti alla sofferenza umana, all’ingiustizia. Seminatori di dolore e divulgatori di iniquità. Idolatri della violenza. Vittime anche loro – conclude il passaggio l’arcivescovo – della deriva antropologica in atto frutto della sconfitta educativa che pesa sulla coscienza di noi adulti”.
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