La telefonata e i messaggi durante lo stupro di gruppo del Foro Italico, a Palermo, ci furono, così come risulta dai tabulati e dal cellulare che era stato sequestrato, ma chi li ricevette nega di conoscere la vittima del branco, che li avrebbe inviati. La ragazza abusata invece sostiene di conoscere il destinatario, ma smentisce di aver utilizzato il proprio telefono in quei momenti terribili.
Si è dissolta così, la prova invocata dai difensori dei sei giovani accusati di violenza sessuale ai danni di una giovane che oggi ha vent’anni e che venne brutalizzata il 7 luglio di un anno fa, in un cantiere abbandonato sulla passeggiata a mare. L’audizione del teste è stata tenuta ieri in tribunale, davanti alla seconda sezione, che sta giudicando i sei maggiorenni del gruppo (un settimo imputato, minorenne all’epoca dei fatti, è già stato condannato dal Gup per i minori) coinvolti nella vicenda.
L’altro teste convocato dalla difesa era l’ex datore di lavoro dell’ex fidanzato della vittima: ha sostenuto di avere avuto un rapporto sessuale con la vittima dopo lo stupro e che lei, nell’intimità, gli avrebbe confidato che era stato “bellissimo farlo con sette ragazzi”. Anche in questo caso la smentita della “persona offesa” è stata netta. Adesso i giudici, che procedono con le forme del rito abbreviato (escluse dal Gup in sede di udienza preliminare, ma accolte dal collegio presieduto da Roberto Murgia), sentiranno gli imputati che hanno chiesto di essere interrogati, a partire dal 9 settembre.
I sei ieri sono stati fatti collegare dalle carceri in cui sono stati distribuiti, la parte civile era invece presente in un’aula protetta messa a disposizione dal tribunale
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