fbpx

In tendenza

Stupro Palermo, respinta la richiesta di abbreviato condizionato

Ammesse sette delle undici parti civili

Il Gup del tribunale di Palermo Cristina Lo Bue ha ammesso sette delle undici parti civili che si erano presentate alla prima udienza preliminare del procedimento per lo stupro di gruppo del 7 luglio scorso al Foro Italico, nel capoluogo siciliano.

Il giudice ha anche respinto la richiesta, presentata dai difensori dei sei imputati, di abbreviato condizionato a una nuova audizione della vittima, una ragazza all’epoca diciannovenne, su circostanze specifiche, emerse, secondo gli avvocati, da nuove acquisizioni investigative, come audio e messaggi vocali provenienti da terze persone.

La giovane era già stata ascoltata da un altro Gip di Palermo, Clelia Maltese, nel corso di un incidente probatorio, due mesi e mezzo fa.

Gli avvocati di Elio Arnao, Cristian Barone, Gabriele Di Trapani, Angelo Flores, Samuele La Grassa, Christian Maronia, stanno adesso proponendo altre possibili condizioni, ma nel caso di nuovo rigetto avrebbero solo due strade: o l’abbreviato “secco” o il rito ordinario, in cui i sei giovani, senza gli sconti del rito alternativo, rischierebbero pene molto pesanti.

Il materiale reperito dalle difese, già in un’udienza stralcio, non era stato ammesso fra le carte del procedimento e dunque la decisione del giudice era in qualche modo attesa.

Oltre ai sei adesso in udienza preliminare c’è un settimo imputato, un ragazzo che il 7 luglio non aveva ancora compiuto la maggiore età, da lui raggiunta pochi giorni dopo: per questo Riccardo Parrinello è stato processato in abbreviato dal Gup del tribunale dei minori Maria Pino, che lo ha condannato a otto anni e otto mesi, pena superiore rispetto alla richiesta del pm Gaetano Guardì.

Il Gup del tribunale di Palermo Cristina Lo Bue procederà con il rito ordinario nei confronti dei sei giovani imputati. Previsti così tempi più lunghi ma anche la possibilità di condanne molto più severe, visto che non ci sarà lo sconto di un terzo della pena previsto per il rito abbreviato.

Protestano le associazioni culturali escluse dalla costituzione parte civile.

“Estromettere proprio le associazioni che fanno sensibilizzazione contro la cosiddetta ‘cultura dello stupro’ e in modo particolare perchè agiscono anche sul piano politico – affermano Milena Gentile, Presidente dell’associazione Emily, Giorgia Butera, Presidente di Mete onlus e la Redazione di Mezzocielo – rivela che ancora non è abbastanza radicata la consapevolezza che la lotta contro la violenza di genere è principalmente culturale e che per incidere non può che passare da una forte azione politica. Le associazioni rappresentano la società civile e, in quanto tali, non possono restare fuori dalle aule giudiziarie perché sarebbe un fallimento dei principi delineati dalla Convenzione di Istanbul e dalle pronunce degli organismi internazionali. La linea difensiva, le sentenze e il racconto giornalistico generano cultura, quindi possono contribuire al cambiamento della mentalità e dei pregiudizi che stanno alla base della violenza oppure possono perpetuare la cosiddetta ‘vittimizzazione secondaria’ della donna che ha subito la violenza, rovistando morbosamente nel suo passato, sugli stili di vita, sulla famiglia di provenienza e sulla maggiore o minore ‘disponibilità’ sessuale. I processi – concludono – sono processi ai colpevoli non alla vittima. Questo è un principio ineludibile che la società civile, attraverso le associazioni, chiede da anni che si applichi nelle aule giudiziarie senza più eccezioni”.


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni
Stampa Articolo


© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni