Ritorna in carcere il minorenne, all’epoca dei fatti, accusato assieme ad altri ragazzi (tutti maggiorenni) dello stupro di gruppo ai danni di una giovane palermitana di 19 anni, la notte del 7 luglio scorso in centro storico a Palermo.Nei giorni scorsi il gip di Palermo aveva revocato la misura e affidato l’indagato ad una comunità di recupero. Contro questo provvedimento la procura dei minorenni, guidata da Claudia Caramanna, aveva proposto appello.
Nel frattempo, però, sarebbero emersi ulteriori elementi dalle indagini. Nuovi elementi che aggraverebbero la posizione del giovane per cui la procura dei minorenni ha chiesto una nuova misura restrittiva in carcere ad un gip diverso dal primo, che stavolta ha accolto la richiesta dell’accusa.
Secondo quanto si è appreso, dopo essere stato collocato in comunità, l’ex minorenne R. P., uno degli indagati per lo stupro di Palermo, avrebbe violato le consegne di non comunicare con l’esterno. In comunità avrebbe cioè avuto l’opportunità e i mezzi per inviare messaggi non consentiti. “La nuova misura cautelare – si limitano a scrivere in una nota ai carabinieri del comando provinciale di Palermo – scaturisce dalla richiesta della Procura della Repubblica al Tribunale per i minorenni che, acquisendo il quadro indiziario raccolto dalle indagini dei carabinieri, riguardante l’analisi del contenuto del cellulare sequestrato all’indagato e i profili social, ha formulato la richiesta di aggravamento nei confronti dell’unica persona che al momento del fatto era minorenne”.
I nuovi elementi che hanno giustificato l’aggravamento della misura nei confronti di R.P., il diciottenne coinvolto nello stupro di gruppo del 7 luglio scorso, assieme ad altri sei giovani, sarebbero stati trovati anche nel cellulare già sequestrato al giovane, che era l’unico minorenne all’epoca dei fatti e che alla fine del mese scorso ha compiuto la maggiore età. In particolare, grazie al lavoro di un consulente informatico, che ha recuperato una chat cancellata, è emerso che l’indagato avrebbe commentato con un proprio conoscente i fatti del 7 luglio, vantandosi delle proprie performance sessuali in occasione della violenza collettiva ai danni della diciannovenne, brutalizzata in un cantiere abbandonato del foro italico, a Palermo. Di fronte al Gip Alessandra Puglisi, l’ex minorenne si sarebbe detto pentito di quel che aveva fatto e aveva così ottenuto, in base al “principio di resipiscenza manifestato”, il collocamento in comunità; ma i nuovi elementi hanno dimostrato che stava mentendo anche in quel momento.
“Tali nuovi e sopraggiunti elementi investigativi tratteggiano la personalità di un giovane che, lungi dall’aver avviato un percorso di consapevolezza del gravissimo reato commesso… avendo ottenuto condizioni di maggiore libertà con l’inserimento in comunità, ha continuato a utilizzare il telefono cellulare e/o altro dispositivo informatico per vantarsi delle sua gesta e per manifestare adesione a modelli comportamentali criminali”. Lo scrive la gip del tribunale dei minorenni di Palermo, Antonina Pardo, nel provvedimento con cui dispone la misura cautelare del carcere per R.P; l’unico minore all’epoca dei fatti, ora maggiorenne, del gruppo di 7 accusati dello stupro di gruppo nei confronti di una palermitana di 19 anni, lo scorso 7 luglio in pieno centro storico a Palermo.
Sono emersi nuovi elementi dunque grazie alle indagini dei carabinieri e alla perizia tecnica commissionata dall’accusa sul telefono dell’indagato. Che ha continuato a postare su Tik Tok, anche quando era stato spedito in una comunità di recupero. R.P. già la notte del 7 luglio “esprimeva compiacimento” – si legge nel provvedimento della gip – e la chat “rivela la tua totale insensibilità rispetto all’atrocità commessa, considerata fonte di divertimento e il suo disprezzo per la vittima”. Tutto questo, secondo la gip – che ha accolto la richiesta di aggravamento avanzata dalla procuratrice dei minorenni, Claudia Caramanna – induce a ritenere che “le parziali ammissioni dell’indagato in sede di interrogatorio di garanzia… hanno avuto una valenza assolutamente strumentale volta unicamente ad ottenere l’attenuazione della misura”.
“Cumpà l’ammazzammu… cumpà ficimu un macello… n’addivertemmu… troppi fianchi (troppe risate, ndr)”. Così si esprimeva il minorenne (all’epoca del fatto) che assieme ad altri 6 ‘amici’ è accusato dello stupro di gruppo su una giovane di 19 anni, avvenuto il 7 luglio scorso nel centro storico di Palermo.
Oggi il ragazzo – che era stato scarcerato e inviato in una comunità di recupero – è stato trasferito nuovamente in carcere su disposizione della gip dei minorenni Antonina Pardo che ha accolto la richiesta di aggravamento della misura avanzata dalla procuratrice dei minorenni, Claudia Caramanna.
I nuovi elementi – accolti dalla gip – provengono, tra l’altro, dall’analisi dello smartphone dell’indagato. Che, appunto nell’immediatezza del fatto – alle ore 2.41 del 7 luglio – in alcuni vocali proseguiva: “Siamo stati un quarto d’or compà, e in un quarto d’ora lei si è sentita male ed è svenuta più di una volta…”. All’interlocutore che risponde “Però lario è accussi” (così però è brutto, ndr) l’indagato ribatte: “Ahahah troppo forte, invece”.
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