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Teatro antico di Taormina: si restaura l’emiciclo che abbraccia la scena, il mare e l’Etna

Più complesso e impegnativo l’intervento di restauro che dovrà interessare la scena (scenae frons)

Sono cominciati i lavori di restauro delle gradinate del Teatro antico di Taormina, l’emiciclo che abbraccia con un solo sguardo la scena, il mare e l’Etna e fece dire a Goethe che “mai, forse, il pubblico di un teatro ha avuto innanzi a sé uno spettacolo simile”. Si tratta del primo di una serie di interventi programmati dal Parco Archeologico Naxos Taormina, diretto dall’archeologa Gabriella Tigano e che interesseranno, in vari periodi di bassa stagione, più parti del grande complesso monumentale senza compromettere la fruizione da parte dei visitatori.

La ditta di restauri procede per piccoli lotti, perimetrando il cantiere di lavoro e dunque non intralciando le visite dei turisti. Entro maggio saranno ultimati gli interventi sulle gradinate, per dar corso al montaggio degli allestimenti per la stagione degli spettacoli. Dopo l’estate si procederà con la versura e la terrazza ovest. I lavori ammontano a 140.000 euro e sono svolti da una ditta specializzata nel restauro e conservazione di opere d’arte e monumenti.

“Sono interventi assolutamente improcrastinabili per garantire la conservazione del monumento – spiega la direttrice Tigano – e sono i primi a sessant’anni di distanza dallo storico restauro del grande archeologo Luigi Bernabò Brea, che consentì l’avvio della doppia fruizione del Teatro Antico, sia come sito archeologico che come contenitore di eventi in uno scenario unico al mondo. Ma non solo: ci consentiranno di mettere in sicurezza e ripristinare le sedute della cavea, reduci dai sessant’anni più intensi e faticosi nella millenaria storia del monumento. Anni che coincidono con l’inizio del turismo di massa e con l’avvio delle stagioni di spettacoli ed eventi estivi”. “La manutenzione e la buona tenuta del patrimonio monumentale regionale – sottolinea l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samoná – sono un obiettivo che stiamo cercando di portare avanti con grande impegno, nella consapevolezza che è il presupposto indispensabile per programmare una compiuta valorizzazione della nostra Isola”.

Più complesso e impegnativo l’intervento di restauro che dovrà interessare la scena (scenae frons). Fondamentale la mappatura digitale realizzata con drone e laser scanner nello scorso mese di dicembre: dopo l’elaborazione dei dati, si avrà una radiografia completa dei resti monumentali, ma soprattutto un report aggiornato dello stato di degrado con precisione millimetrica. “Il successivo progetto di restauro dello scenae frons – conclude la Tigano – sarà elaborato con formula interdisciplinare, e sarà oggetto di approfondimenti da parte di un’equipe di professionisti (archeologi, restauratori, architetti, ingegneri) nel quale si farà tesoro anche degli studi preliminari svolti all’inizio del nuovo millennio dal Centro Regionale per la Progettazione e il Restauro, che per primo monitorò lo stress e i danni causati al monumento dalle vibrazioni sonore degli spettacoli. Un impegno che è e sarà tra gli obiettivi del Parco nei prossimi anni per garantire il miglior equilibrio tra conservazione e salvaguardia del monumento, e un suo uso “moderno” e sostenibile”.

Fu proprio Luigi Bernabò Brea a intuire “l‘aspetto di grande disordine” mostrato dal Teatro nel secolo scorso: “(…) che la cavea fosse divisa in nove cunei – scrisse nei Quaderni di Archeologia (Università di Messina) – lo dimostravano con evidenza i dieci varchi aprentisi nel muro dell’emiciclo superiore, corrispondenti ad altrettante scalette interposte fra i singoli cunei o marginali rispetto ad essi. D’altra parte un notevole numero di blocchi che avevano costituito le gradinate, riconoscibilissimi per il loro taglio particolare, ingombravano il piano dell’orchestra. Si vedeva chiaramente, attraverso vecchie fotografie, che essi erano stati più volte spostati: dapprima ammucchiati contro la scena per liberare il più possibile l’orchestra, infine disposti in semicerchi concentrici per costituire un misero surrogato di cavea, affinchè il pubblico potesse sedersi su di essi. Non era certo questa la situazione ideale. Essi davano al monumento un aspetto di grande disordine (…)”.


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