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Terreno espropriato nel 1973, la causa riparte da zero per un “difetto di giurisdizione”

Dopo cinquant'anni, dunque, si dovrà ripartire da zero. La vicenda risale al 1973, anche se è stata definita soltanto adesso, e riguarda il "ristoro dei danni da occupazione e irreversibile trasformazione" di un terreno, che, secondo il tribunale di Agrigento, il Comune avrebbe dovuto pagare alle proprietarie

La prima sezione civile della Corte d’appello di Palermo ha accolto il ricorso proposto dal Comune di San Giovanni Gemini (Agrigento) contro una sentenza di primo grado che aveva condannato l’amministrazione a pagare oltre un milione 800 mila euro. Secondo il collegio c’è il difetto di giurisdizione della magistratura ordinaria e la causa va rimessa al giudice amministrativo. Cosa che fa cadere, almeno per adesso, il pagamento dei quasi due milioni. Dopo cinquant’anni, dunque, si dovrà ripartire da zero. La vicenda risale al 1973, anche se è stata definita soltanto adesso, e riguarda il “ristoro dei danni da occupazione e irreversibile trasformazione” di un terreno, che, secondo il tribunale di Agrigento, il Comune avrebbe dovuto pagare alle proprietarie.

I giudici palermitani hanno, però, deciso diversamente, accogliendo le tesi dell’avvocato Girolamo Rubino. La “determinazione presidenziale” da cui tutto trae origine è del 22 febbraio 1973 ed era stata emessa dal presidente dell’allora Cassa per il Mezzogiorno. In virtù di questo provvedimento, il Comune di San Giovanni Gemini aveva approvato il progetto per la costruzione della strada di collegamento della circonvallazione alla via Papini (oggi via Nicolò Carta). Un decreto del prefetto di Agrigento aveva poi autorizzato l’amministrazione a occupare alcuni fondi agricoli, proprio per realizzare l’importante opera pubblica. L’acquisizione è del 1975 e la strada era stata inserita nel Piano urbanistico generale, ma solo quarant’anni dopo due donne del paese, P.L. e M.A.L., avevano sostenuto di essere proprietarie di uno dei terreni occupati dal Comune e avevano fatto causa, chiedendone la restituzione o il risarcimento del danno. La condanna stabilita dal tribunale agrigentino era stata, nel 2017, di 60 mila euro, ma con la rivalutazione si era arrivati a quasi due milioni di euro.

L’avvocato Rubino già in primo grado aveva sostenuto il difetto di giurisdizione della magistratura ordinaria, ma l’eccezione era stata respinta: adesso la Corte di Appello l’ha accolta, annullando la condanna del Comune.


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