Si è svolto a Enna il vertice tra le autorità giudiziarie romena e italiana che con il sostegno di Eurojust, hanno concluso l’inchiesta su una frode ai danni dell’Ue per la quale 5 cittadini italiani, dovranno rispondere di una truffa, commessa in Romania, sui fondi comunitari per l’agricoltura. Erano stati gli inquirenti romeni a presentare l’indagine ad Eurojust già nel 2019, quando era emerso che i cinque, tutti siciliani e convolti in diverse indagini in Italia per le truffe sui contributi in agricoltura, avevano costituito diverse società in Romania attraverso le quali avevano richiesto contributi comunitari per le colture di pomodoro che in Romania vengono erogate dall’Agenzia romena, Dall’indagine era emerso che le somme erogate erano state trasferite su conti correnti e ritirate in contanti, utilizzando sportelli automatici a Nicosia (Enna) e in altri Comuni ennesi.
L’indagine che ha portato al processo a carico dei cinque imprenditori è stata svolta per la Romania dalla procura presso l’Alta Corte di cassazione e giustizia, direzione nazionale e ufficio di Cracovia; per l’Italia dalla procura di Enna e dall’ufficio europeo per la lotta antifrode. Secondo gli inquirenti le truffe ai danni dell’Ue commesse in Italia dagli indagati ammonterebbero a 21 milioni di euro, somme reinvestite per altre frodi, compresa quella in Romania, dove saranno processati con l’accusa di frode contro gli interessi finanziari dell’Unione europea e formazione di un gruppo criminale, reato che corrisponde all’associazione per delinquere del Codice penale italiano. L’inchiesta romena ha portato anche all’incriminazione, in Italia, di autoriciclaggio. Le società dei siciliani in Romania avevano sede solo in agenzie di servizi all’impresa.
I cinque imprenditori agricoli siciliani erano stati convolti nell’operazione della procura e della Guardia di finanza di Enna “Maglie larghe” e il meccanismo, sul quale hanno indagato i magistrati romeni è lo stesso di quello delle truffe in Italia sui fondi che erogano i contributi sulla base delle superfici possedute o utilizzate dagli imprenditori, solo che mentre in Italia sarebbero stati falsi i contratti di affitto, in Romania sarebbero false le coltivazioni.
Nel 2017 quattro imprenditori di Capizzi (Messina) tutti di Capizzi e uno di Tortorici (Messina), registrano in Romania cinque società e prendono in affitto circa mille ettari di terreni in diverse località. Accompagnati da un’avvocatessa che li presenta e fa da interprete, si fanno rilasciare le attestazioni necessarie a richiedere i contributi, dai sindaci nei cui territori ricadono gli appezzamenti. La misura alla quale chiedono di accedere è quella che riguarda la coltivazione di pomodori da destinare alla lavorazione industriale, per la quale l’Ue eroga un contributo di 1.400 euro per ettaro. Un contributo elevato perché “sostegno accoppiato” che aiuta anche le industrie conserviere ad aumentare la produzione. Vengono inoltrate le richieste di finanziamento e proprio per il 2017 un decreto del ministero dell’Agricoltura esonera dall’obbligo di allegare alla documentazione, il contratto di vendita del prodotto con le industrie conserviere, previsto fino al 2016 e poi reintrodotto nel 2018. Per la “campagna 2017” non è necessario e il 2 ottobre 2018 il ministero dell’Agricoltura emana il decreto con l’elenco dei beneficiari stilato da Apia, soggetto erogatore dei contributi corrispondente all’Agea in Italia. I primi 5 beneficiari sono le società riconducibili agli imprenditori italiani, tutte con appezzamenti superiori ai 100 ettari. Sono Septel Farm Srl che ottiene 166 mila euro; Renasterea, con 152 mila euro di contributo; Agricoltura Renovat con 151 mila euro; Vai Verzi di Marino, 141 mila euro e Green Meadows 140 mila euro. Dopo la pubblicazione del decreto scattarono in Romania alcune inchieste giornalistiche, sulla base delle proteste dei produttori romeni e degli stessi sindaci che avevano rilasciato le attestazioni. Era emerso che sui terreni non era stata effettuata alcuna coltivazione.
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