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Uccisa dal marito che voleva un figlio maschio, la storia diventa un film

Sono iniziate ieri le riprese del cortometraggio "Omayma - Orme del tempo", girato a Messina tra il lago di Ganzirri e il porto e nella suggestiva medina di Mazara del Vallo

“Quando mi chiederanno se la mia vita ha avuto un senso, io risponderò che solo l’aver messo al mondo una parte di me ha dato senso alla mia vita”: sono le parole di Omayma Benghaloum, mediatrice culturale tunisina, immigrata in Italia e mamma di quattro figlie, brutalmente uccisa dal marito Faouzi Dridi nel settembre 2015 a Messina, all’età di appena 34 anni. Un fatto di cronaca che unisce in modo significativo e profondo i temi del femminicidio e dell’immigrazione, ma che non ha destato lo scalpore mediatico che meritava: adesso sarà lo strumento del cinema a riaccendere i riflettori su una storia drammatica che deve invitare tutti noi a riflettere sulle politiche da attuare per evitare il ripetersi di queste tragedie. Sono iniziate ieri le riprese del cortometraggio “Omayma – Orme del tempo” scritto da Paolo Pintacuda e Fabio Schifilliti, che cura la regia, e sarà girato a Messina, tra il lago di Ganzirri e il porto) e nella suggestiva medina di Mazara del Vallo.

“Sono sempre stato attratto da storie che riguardano il turbinio dell’animo umano – spiega il regista – quella di Omayma merita di essere raccontata perché può fare da esempio. È stata una grande donna che ha fatto enormi sacrifici per migliorare la vita sua e delle sue figlie, nonostante le continue vessazioni psicologiche e fisiche da parte del marito che l’hanno poi portata alla morte. La sua vicenda non è solo un fatto gravissimo ma la descrizione di un problema endemico della nostra società”.

Omayma è stata ammazzata anche perché aveva partorito quattro femmine invece il marito, integralista e violento, voleva un figlio maschio: dopo averla colpita a morte con un bastone, nella loro casa di Sperone, ha preso le 4 figlie, la più grande di 13 e la più piccola di 2 anni e le ha portate con sé al commissariato Messina Nord, lì dove lei lavorava, per costituirsi. Nel 2017 è stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’Assise di Messina.

A interpretare la protagonista sarà la nota attrice tunisina Mariam Al Ferjani: “Il primo dubbio che mi prende di solito, è quello di far raccontare le nostre storie ad altri. Noi donne, noi arabi, noi gli altri. La sorpresa fu la scoperta di questa necessità di Fabio di raccontare questa storia: all’improvviso, non ci sono più ‘noi’ e ‘loro’, siamo insieme ed è così che Omayma è di nuovo viva, mi trasmette il potere di sfidare il tempo e farlo tornare indietro per immortalare il ricordo di una donna indimenticabile”.

Nel cast anche Hossein Taheri, attore teatrale, televisivo e cinematografico tunisino che ha girato parecchi film e lavorato anche in Italia per Checco Zalone nel ruolo di Faouzi; M’Barka Ben Taleb sarà Fatma; Sara Abbes sarà Rania e Giulia Migliardi nella parte di Esra, una delle figlie. “Sono molto contenta del fatto che delle persone abbiano preso a cuore ciò che è capitato durante la mia crescita – commenta Esra Dridi – la cosa più toccante a parer mio è che sia accaduto a me e mia sorella che eravamo bambine e soprattutto mia mamma era una donna che cercava di aiutare la sua famiglia e tutti quelli che poteva aiutare nonostante le varie difficoltà”.

La produzione è dell’associazione Arknoah, guidata da Francesco Torre: “Sono molto contento che dopo tante esperienze nei documentari tra Palermo e Roma, Arknoah con questo cortometraggio abbia finalmente l’opportunità di realizzare qualcosa di importante a Messina. Una sfida produttiva notevole per una storia che necessitava di essere raccontata per liberarla dai confini silenziosi della rimozione collettiva”. Arknoah lavorerà in coproduzione con Freak Factory di Roma e Life Solution di Messina.


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