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Uccise la suocera: condannata definitiva a 16 anni

Tra le evidenze emerse durante le fasi processuali, un prelievo di 46.000 euro in contanti che l'uomo aveva prelevato dal libretto dell'anziana il giorno precedente la scomparsa e un alibi che l'uomo avrebbe fornito ma con riscontri che avrebbero portato a un altra verità processuale

Dovrà scontare 16 anni di carcere: dopo che è stato rigettato il ricorso in Cassazione, diventa definitiva la condanna rimediata da Giuseppe Maurici originario di San Cono (CT), oggi 60enne, accusato di omicidio volontario aggravato. Il fatto di cronaca riguarda uno dei delitti del Ragusano che per oltre un decennio era stato avvolto da una coltre di mistero. Una donna, Maria Di Martino 79 anni, suocera di Maurici, era scomparsa nel nulla il 22 febbraio del 2005 da via Belle, a Ragusa. Aveva difficoltà a camminare, aveva bisogno di un bastone e di essere sorretta e quindi non poteva essersi allontanata da sola. Una complessa attività di indagine condotta dalla Squadra mobile di Ragusa assieme ai tecnici della Scientifica ed al nucleo cinofili permise di evidenziare una serie di indizi che confluivano tutti sul genero della donna, Giuseppe Maurici, ma senza rinvenire il corpo dell’anziana.

Tra le evidenze emerse durante le fasi processuali, un prelievo di 46.000 euro in contanti che l’uomo aveva prelevato dal libretto dell’anziana il giorno precedente la scomparsa e un alibi che l’uomo avrebbe fornito ma con riscontri che avrebbero portato a un altra verità processuale. Maurici era sostenuto nei due gradi di giudizio dagli avvocati Gino Ioppolo e Franco Ruggeri e i tre parenti della vittima, si erano costituiti parte civile attraverso gli avvocati Enrico Trantino e Fabrizio Cavallo. La Cassazione aveva annullato con rinvio la prima sentenza di condanna non ritenendola adeguatamente motivata.

La Corte di Appello di Catania aveva poi condannato nuovamente Maurici a 16 anni riqualificando il reato da omicidio preterintenzionale a omicidio volontario aggravato dal fatto che si trattava di una parente acquisita. Martedì 26 settembre la Cassazione ha rigettato il ricorso presentato su quest’ultima sentenza, rendendo la pena definitiva. Confermata quindi anche la rifusione delle spese processuali in favore delle tre parti civili costituite, parenti della anziana.


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