Un bidello di 50 anni, Ignazio Majolino, è stato definitivamente assolto dall’accusa di violenza sessuale nei confronti di due allieve minorenni dell’istituto odontotecnico palermitano in cui lavorava. La sentenza che lo aveva scagionato in primo grado è del luglio scorso e adesso sono scaduti i termini per impugnarla: nessun ricorso da parte della Procura né dalla Procura generale. In appello si andrà solo per il secondo reato contestato al collaboratore scolastico, la detenzione di materiale pedopornografico: su questo il pm Giulia Amodeo ha infatti presentato l’impugnazione.
Majolino era stato assolto per non avere commesso il fatto, dagli abusi ai danni delle due minorenni e perché il fatto non costituisce reato dalla seconda ipotesi di reato. La decisione era stata emessa dalla seconda sezione del Tribunale di Palermo, presieduta da Roberto Murgia, a latere Stefania Gallì ed Elisabetta Villa, che aveva accolto in toto la linea dell’avvocato Gioacchino Genchi.
I fatti risalgono alla mattina dell’11 aprile 2019, quando due ragazzine avevano riferito a una bidella e al vicepreside che un uomo, all’interno della scuola, le avrebbe prese per il collo e gettate a terra, per costringerle a subire il palpeggiamento del seno e del sedere. Subito dopo i carabinieri del Nucleo radiomobile avevano individuato e arrestato Majolino, sostenendo che la sua figura “rispecchiava perfettamente i dati” forniti dalle due vittime del reato. Nelle motivazioni della sentenza risultano però decisive le contraddizioni fra le dichiarazioni rese nell’immediatezza dei fatti e quelle fatte nel corso del dibattimento. Il collegio giudicante scrive infatti in motivazione che “la credibilità delle ragazze si incrina nel momento del riconoscimento fotografico prima e del riconoscimento de visu e della ricognizione personale dopo”. Majolino tra l’altro aveva offerto alla polizia giudiziaria una serie di dati (la presenza di un impianto satellitare a bordo dell’autovettura alla guida della quale veniva osservato; la descrizione delle commissioni effettuate e del percorso seguito la mattina dei fatti denunciati) “suscettibili di proficui approfondimenti investigativi e tuttavia rimasti senza alcun utile riscontro, idoneo a riscontrare o al contrario a smentire la versione proposta dall’imputato”.
L’avvocato Genchi è un ex dirigente di polizia e superesperto informatico, autore fra l’altro di indagini tecniche molto complesse sulle stragi del ’92. Decisiva così anche la posizione del cellulare dell’imputato al momento in cui accaddero i fatti, cioè all’orario indicato dalle “persone offese”: l’apparecchio risultava infatti collocato in una cella compatibile con l’indirizzo di casa e non con la zona della città in cui avvennero le due aggressioni a sfondo sessuale.
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