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Zamparini, estinto per morte il processo su falsi bilanci del Palermo calcio

Il processo prosegue per gli altri tre coinvolti: il commercialista Anastasio Morosi, la segretaria del gruppo dell'imprenditore friulano, Alessandra Bonometti, l'ex sindaco Enzo Caimi

La quarta sezione del tribunale di Palermo, presieduta da Bruno Fasciana, ha dichiarato il proscioglimento anticipato per morte nei confronti di Maurizio Zamparini, l’ex presidente del Palermo Calcio, deceduto nella notte tra il 31 gennaio e l’1 febbraio in una clinica del Ravennate, all’età di ottant’anni. Davanti ai giudici Zamparini rispondeva di falsi nei bilanci 2014, 2015 e 2016 e di false comunicazioni alla Covisoc, la commissione di vigilanza sulle società sportive calcistiche: reati adesso dichiarati estinti proprio a causa del decesso dell’imputato. Il processo prosegue per gli altri tre coinvolti: il commercialista Anastasio Morosi, la segretaria del gruppo dell’imprenditore friulano, Alessandra Bonometti, l’ex sindaco Enzo Caimi.

La vicenda giudiziaria era arrivata quasi all’epilogo dell’avventura palermitana di Zamparini: a giugno 2017 furono effettuate dal Nucleo di polizia economico-tributaria della Guardia di finanza alcune perquisizioni nella sede dell’allora Unione sportiva Città di Palermo, allo stadio Barbera, e nelle aziende del patron, che avevano la sede legale a Gallarate (Varese). Nel giro di poco tempo la procura aveva chiesto il fallimento della società, respinto dalla sezione specializzata del tribunale di Palermo fra polemiche e con strascichi giudiziari a Caltanissetta, per il coinvolgimento di alcuni magistrati del capoluogo siciliano.

Poi la richiesta di processo e la cessione del Palermo, da parte di Zamparini, a un fantomatico gruppo britannico e poi ai fratelli Tuttolomondo, con i quali il club era fallito sul serio, per poi rinascere con una nuova e attuale gestione, del tutto estranea alle vicende di Zamparini e dei Tuttolomondo. Al centro del giudizio ancora in corso in Tribunale c’è la cosiddetta operazione Mepal-Alyssa, la cessione del marchio del Palermo a società appartenenti alla moglie e ad altri familiari del patron, cosa che aveva generato un inesistente credito di 40 milioni di euro.

Una somma esistente solo sulla carta, che aveva però permesso al Palermo, secondo la tesi dell’accusa, di andare avanti e di iscriversi a due campionati di Serie A e a uno di B senza che ne avesse i titoli.


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